Presentazione, con commento audio, sulla genesi del marchio di Qabiria.
Mettendo ordine nel blog di Qabiria, ho deciso di spostare in questa sede, più consona, un articolo in cui descrivevo il processo creativo che diede origine, oltre 10 anni fa, al marchio di Qabiria, la mia società di traduzioni.
All’epoca usai VoiceThread, un servizio web che consentiva di abbinare una registrazione audio a una serie di immagini. Qui di seguito riporto la trascrizione del commento audio, anche perché la qualità è molto bassa (non avevo ancora il bellissimo microfono Blue Yeti, che campeggia ora sulla mia scrivania).
Per qualche motivo le immagini, che al momento della registrazione erano intere, ora si vedono tagliate. Le ho perciò aggiunte nel corpo del testo per chiarezza e per chi non vuole sorbirsi la soporifera narrazione.
Questo è un primo bozzetto della scritta realizzata con un font trovato online, che richiama le scritte della metropolitana. Ci è piaciuto molto sin dall’inizio perché era molto lineare, molto semplice.
Una delle prime bozze, con un altro carattere per fare qualche prova. Abbiamo iniziato ad inserire immagini che richiamassero l’Italia, in quanto sulle prime Qabiria doveva essere un’agenzia specializzata nel fare da ponte fra Italia e Spagna. In questo caso abbiamo scelto il Colosseo, banalissimo, e infatti il bozzetto è stato scartato quasi subito.
Un altro esempio con il David e con una tagline ironica, solo un esempio di testo aggiunto al marchio principale.
Lo stesso precedente con l’immagine in negativo, ma non ci convinceva.
Qualche altro esperimento. Sostituiamo gli oggetti che hanno a che fare con l’Italia con oggetti che rappresentano la semplicità nell’innovazione, come un apriscatole. Scartato per l’avversione di molti alle lame.
Cambiamo completamente tema e prendiamo un animale, una medusa.
In quest’altro bozzetto, sempre con lo stesso font, ci spingiamo ancora più in là con la metafora «Qabiria», cioè Cabiria, la prostituta protagonista de Le notti di Cabiria, il film di Fellini vincitore di un Oscar. Ovvero il messaggio vorrebbe essere «Qabiria: lo facciamo solo per i soldi». Aggiungiamo il bidone in fiamme, simbolo della gente che vive in strada. Ovviamente viene scartato subito, nonostante che da un punto di vista grafico sia il logo più equilibrato fra quelli visti finora.
Continuiamo la ricerca di simboli legati all’Italia. Abbiamo esaminato alcune opere d’arte, in questo caso una silhouette della scultura Forme uniche della continuità nello spazio di Boccioni, che tuttavia non ci sembrava che reggesse il rimpicciolimento necessario per la creazione del logo.
Durante le ricerche per il logo siamo incappati in questo manifesto che ci ha subito colpito per la sua freschezza. Nonostante abbia un’aria retro, si tratta dell’opera di un artista contemporaneo e come tale protetta dai diritti d’autore. Pertanto l’abbiamo usata solo come spunto per elaborare un simbolo grafico nostro.
Questa è la prima bozza usando la sagoma di una Cinquecento nella stessa prospettiva del manifesto e mantenendo il font scelto all’inizio, con l’aggiunta di una chiavetta per rappresentare un’automobilina giocattolo e non una vettura reale.
Continuando le nostre ricerche abbiamo trovato questa elaborazione tridimensionale della vettura che ci è servita come spunto per arrivare a scegliere la prospettiva corretta del nostro marchio.
Dopo aver spulciato decine di immagini, abbiamo trovato questa che offriva uno scorcio dell’automobile adatto per essere successivamente rielaborato e sintetizzato.
Questa è la prima sintesi in cui la sagoma e la prospettiva dell’automobile ricalcano quelle della foto precedente. Abbiamo giocato con forti contrasti di bianco e di nero aggiungendo l’elemento della chiavetta, non più al centro della vettura, ma in basso, più o meno in corrispondenza della ruota posteriore destra.
Un’altra variante sul tema, con l’aggiunta della tagline provvisoria e l’auto speculare rispetto all’immagine precedente.
Man mano che avanzavamo con il lavoro ci siamo resi conto che il font scelto non ci soddisfaceva pienamente e quindi ne abbiamo scelto un altro e poi pian piano abbiamo ripulito l’immagine della Fiat Cinquecento da tutti i segni superflui.
Quest’immagine è un chiaro esempio che - nonostante il processo di elaborazione del marchio fosse abbastanza avanzato - rimanevano alcune perplessità riguardo alla scelta della tipografia. Evidenziamo anche un primo tentativo di introdurre il colore e che l’auto viene semplificata ancora di più.
A questo punto rimanendo il font come definitivo, si cercano di esplorare altre strade, fra cui quella di sintetizzare ancor di più l’automobile, in questo caso usando una vista posteriore.
In quest’altro caso usando la stessa vista, ma inserita in un parallelogramma.
I tentativi precedenti vengono scartati in quanto non sufficientemente incisivi e si ritorna all’immagine dell’auto di tre quarti, in questo caso giocando con lo sfondo nero, come se la vettura entrasse in una sorta di garage e si cambia ancora una volta il font, ma anche questo tentativo viene scartato.
Da quest’immagine si vede chiaramente come la porta nera che rappresentava il garage dell’immagine precedente viene sostituita da una cornice nera che migliora la prospettiva dell’automobilina, che viene semplificata ulteriormente, riprendendo il gioco di chiaroscuro visto in precedenza. Come si vede, il font non è ancora definitivo, o meglio, si cercano di esaurire tutte le possibilità.
Un’altra versione, la parte sinistra rimane invariata e si prova un altro font.
Questa è la penultima versione del marchio, ci sono ancora dei punti che non convincono pienamente. In questo caso la chiavetta sembra essere nella prospettiva scorretta rispetto all’auto, così come il deflettore posteriore.
Mentre si iniziano i primi esperimenti di colore, s’introduce una modifica aggiungendo prospettiva anche alla parte tipografica. Scartato.
Altro esperimento con il colore, giocando con una tonalità gialla e una arancione. Permane l’indecisione sulla tipografia da usare.
E infine, dopo tanti esperimenti ecco la versione definitiva, in cui si usa un color mattone, o rosso scuro, per la tipografia e un arancione per il logo.
E questa è la versione in bianco e nero con una diversa distribuzione fra logo e tipografia.
Per i temerari, qui c’è l’audio:
Tutto sommato, pur con varie imperfezioni, sono soddisfatto del risultato. Il marchio è sufficientemente iconico, mediamente professionale, e s’è anche prestato a ricevere una «medaglia» per i dieci anni di attività:
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