Simmetria, leggi arbitrarie e tedio

Simmetria, leggi arbitrarie e tedio

Wargame, boardgame e meeple

articoli giochi nostalgia

Il mio discontinuo rapporto con i giochi in scatola.


Il gioco è un’attività libera, circoscritta, incerta, improduttiva, regolata e fittizia.
(Roger Caillois)

Iniziò tutto con una scatola di soldatini Atlantic, di quelli piccoli, in scala HO / 1:72. Poi ne arrivò un’altra, poi un’altra ancora, poi io e mio fratello scoprimmo le scatole della marca Esci e l’esercito crebbe di numero. Interi battaglioni dispiegati sul pavimento di una stanza svuotata (a causa di un’infiltrazione d’acqua), in cui le tavole del parquet «gonfiate» diventavano dune o bunker all’occorrenza.

Scatole di Soldatini Atlantic

Scatole di Soldatini Atlantic

Verso i quattordici anni a un mercatino comprai un libro che mi aprì tutto un mondo. S’intitolava I giochi di guerra - Guida ai giochi storici, politici e civili di Umberto Tosi, che m’introdusse ai wargame, i giochi di simulazione bellica.

Copertina del libro I giochi di guerra di Umberto Tosi

A quel libro seguirono altre letture che stimolavano la mia immaginazione e la mia curiosità nei confronti di questo mondo fatto di griglie esagonali, pedine con strani valori numerici, complicate tabelle di calcolo:

  • Introduzione ai giochi di guerra (wargames) dell’ammiraglio Giovanni Saladino
  • Battaglie in miniatura - Guida ai giochi di guerra terrestri di Luigi Casali, corredato di fantastiche fotografie che guardavo e riguardavo con ammirazione...

entrambi pubblicati da Mursia, nella collana Biblioteca di giochi operativi.

Più tardi, poi, mio padre mi regalò un libro di quasi 1500 pagine (suddivise in tre volumi) che a tutt’oggi considero come uno dei più preziosi della mia biblioteca:

  • Enciclopedia dei giochi scritto da uno dei massimi esperti italiani di giochi, il giornalista, scrittore ed enigmista Giampaolo Dossena, pubblicato dalla UTET nel 1999.

Ebbi anche qualche slancio filosofico, con Homo ludens di Johan Huizinga e I giochi e gli uomini di Roger Caillois.

Negli stessi anni, non so bene come, arrivò in casa anche una scatola di Rommel della International Team, un gioco ambientato durante la campagna d’Africa. Le regole erano piuttosto complesse, soprattutto per due ragazzini molto poco esperti, per cui ci giocammo sì e no due volte.

Scatola del gioco Rommel della International Team

Tuttavia la passione incominciava a crescere. Al mio sedicesimo o diciottesimo compleanno mi regalarono anche la scatola base di Dungeons & Dragons, ma capii subito che l’ambientazione fantasy e i giochi di ruolo non facevano per me. Poco più tardi lo scambiai (chissà con cosa).

Il Club dell’Esagono

Negli anni novanta a Brescia un’associazione riuniva gli appassionati di giochi in scatola: era Il Club dell’Esagono, che si riuniva nei locali dell’allora «circoscrizione» in Via Farfengo e che organizzava un evento-fiera annuale di cui andavano molto orgogliosi, il Brescia Gioca, all’epoca primo (e unico) evento cittadino dedicato ai giochi.

Conobbi l’associazione leggendo una recensione dell’evento sul giornale. Mi recai alla sede in una delle giornate a porte aperte e - guarda caso - scoprii che uno dei soci organizzatori era un mio vicino. Per un certo periodo fu lui ad accompagnarmi alle serate ludiche settimanali (io non avevo ancora la patente).

Il club era diviso sostanzialmente in tre gruppi: da una parte c’erano gli appassionati di giochi di ruolo, che giocavano partite eterne, ciascuno con il proprio personaggio da far crescere durante le storie; poi c’erano gli appassionati di giochi di guerra, nei quali mi ritrovavo abbastanza, che prediligevano le simulazioni storiche, le ricreazioni di grandi battaglie. E infine, c’erano tutti i giocatori più «casuali», che sceglievano un gioco diverso ogni sera, di tematica varia, con tempi di gioco meno impegnativi. Di quelle serate ricordo ad esempio Junta o una simulazione di scontro aereo dallo svolgimento lentissimo.

Presto persi di vista il club e i suoi soci, non senza aver donato loro la scatola di Rommel e un altro gioco a cui in pratica non avevamo giocato, una simulazione di pallacanestro chiamata Play Off. Chissà che fine avranno fatto, dato che l’Esagono si sciolse di lì a poco.

I giochi di quegli anni, soprattutto quelli della International Team, avevano tutti bellissime grafiche, con accattivanti illustrazioni sulla scatola che inducevano all’acquisto, un po’ come le copertine dei videogiochi dell’Atari 2600, ma i meccanismi di gioco a volte erano un po’ farraginosi e senz’altro pensati per giocatori dotati di perseveranza, caratteristica che a me mancava.

La battaglia di Cassino

Sempre in quegli anni, insieme a un altro amico decisi di affrontare l’ennesimo progetto creativo.

Perché non creare un gioco da zero per conto nostro?

Eravamo stati entrambi sedotti dal mondo delle miniature militari e dei giochi di guerra, così scegliemmo un momento storico famoso da ricreare: la battaglia di Cassino.

L’idea era quella di creare un tabellone-diorama su cui usare i nostri soldatini, debitamente pitturati. Naturalmente, non avevamo tenuto conto che dipingere centinaia di minuscoli soldatini rappresentava uno sforzo titanico. Oltre a quello, dovevamo acquistare anche un certo numero di modellini di mezzi corazzati, il cui costo all’epoca andava ben oltre le nostre possibilità di adolescenti.

Ci provammo. Dipingemmo una cinquantina di commandos, comprammo qualche carro armato e, soprattutto, incominciammo a pensare alle regole. Per farlo, avevamo bisogno di una mappa della zona, possibilmente dell’epoca. Decidemmo di richiederla direttamente all’Istituto Geografico Militare, mandandogli una lettera.

Con nostra grande sorpresa, ci rispose un ufficiale. Ci regalò una copia delle due mappe che coprivano il campo di battaglia, con una nota allegata che diceva più o meno così:

Dato che si tratta di un gioco... contribuiamo anche noi!

Anche in quel caso, gli impegni scolastici e la portata dell’impresa, completamente al di là delle nostre capacità, ebbero il sopravvento sulle buone intenzioni. Di quel progetto conservo ancora le mappe e un po’ di soldatini in una scatola di latta...

Gli eurogame

In definitiva i giochi (così come i videogiochi) mi hanno sempre affascinato, ma non sono mai riuscito a coltivare la passione in modo organico.

Ogni tanto, però, la passione rispunta.

Qualche anno fa, infatti, in una delle vie centrali di Badalona m’imbattei in un nuovo negozio dedicato completamente ai giochi in scatola. In particolare vendeva i cosiddetti eurogame.

E qui serve una parentesi. Riporto la definizione di un quasi sinonimo di «eurogame», il «gioco in stile tedesco», tratta da Wikipedia:

Un gioco in stile tedesco (o gioco alla tedesca), detto anche gioco in stile europeo o (gioco alla europea), è un gioco da tavolo o di carte appartenente a un’ampia categoria di giochi sviluppatasi a partire dagli anni ottanta in Germania che si caratterizzano per le regole semplici, partite brevi, meccaniche di gioco astratte o comunque poco legate all’ambientazione e l’uso di materiali curati.

Per la maggior parte di noi il gioco da tavolo per eccellenza è il Monopoli. Ecco, la nuova ondata di giochi che è iniziata alla fine degli anni ottanta ma che ha invaso prepotentemente il mercato nella prima decade degli anni 2000, sovverte proprio alcune caratteristiche intrinseche del Monopoli (ma anche del Risiko e di altri giochi precedenti):

  • la durata della singola partita viene ridotta considerevolmente
  • si prescinde dal lancio dei dadi, o quanto meno il fattore aleatorio non è così determinante
  • tutti i giocatori restano in gioco fino al termine della partita, nessuno può essere eliminato prima della fine
  • non si sa chi sta vincendo fino al conteggio finale dei punti
  • nella maggior parte dei casi è possibile guadagnare punti in più modi, impostando e seguendo strategie diverse
  • in generale, si assiste a un miglioramento nella qualità dei materiali (come i cosiddetti meeple, le pedine di legno) e della grafica/illustrazioni

Catan e un mercato in continua espansione

Il capostipite di questi giochi è I coloni di Catan (in tedesco, Die Siedler von Catan), inventato da Klaus Teuber nel 1995. Tradotto in più di 30 lingue, ha venduto l’incredibile cifra di 15 milioni di copie, diventando un fenomeno editoriale senza precedenti nel settore.

Non mi dilungo in spiegazioni sul gioco, perché tutti dettagli possibili immaginabili su questo e su qualsiasi gioco da tavolo esistito ed esistente si possono trovare su BoardGameGeek, un altro di quei siti enciclopedici che rappresentano il meglio di Internet, per completezza, profondità e vastità di contenuti. Gli appassionati possono creare il proprio profilo e tener traccia dei giochi posseduti, desiderati, giocati, etc. Ovviamente, ci sono anch’io.

Catan fu uno spartiacque, che diede l’avvio a una vera e propria alluvione di giochi. Il mercato dei giochi in scatola ha raggiunto un fatturato di 7,2 miliardi di dollari nel 2017 ed è previsto che arrivi a 12 miliardi nel 2023. BoardGameGeek mantiene una classifica dei giochi che conta 116.200 titoli (non tutti recenti, ovviamente).

I giochi più popolari vendono centinaia di migliaia di copie, di alcuni se ne vendono milioni di scatole. Alcuni dei titoli più noti sono Carcassonne (che forse se la gioca in quanto a popolarità con Catan), Puerto Rico, Agricola, Ticket to Ride, solo per citare i primi che mi vengono in mente.

Dicevo, dopo aver scoperto il nuovo negozio nella mia città, entrai in amicizia con il proprietario.

Di lì a poco mi unì a lui e a una cerchia di altri appassionati che si riuniva per giocare una volta a settimana nel negozio, a serranda abbassata. Il negozio purtroppo chiuse dopo meno di un anno, ma riuscimmo a tenerci in contatto e a ritrovarci a rotazione a casa di qualcuno.

Grazie a questi incontri imparai a giocare a molti giochi nuovi e diedi nuovo alimento alla passione.

Ora, con la clausura forzata, ho rispolverato alcuni dei giochi che avevo acquistato in uno slancio di entusiasmo e nel frattempo ho trovato varie community online che promettono un’esperienza di gioco simile a quella attorno a un tavolo:

Le ragioni del successo

Questo lungo excursus (come alle solite un po’ dispersivo) non può che chiudersi con una riflessione: perché stanno avendo così successo i moderni giochi in scatola?

Credo che le ragioni siano varie.

Innanzi tutto, bisogna considerare qual è il profilo di pubblico che più gioca. Come ci si potrebbe immaginare, il grosso del pubblico è costituito non dai più giovani, ma dalla fascia che va dai 30 anni in su, la cosiddetta Generazione X.

Noi che siamo cresciuti con i primi videogiochi, oggi non ci vergogniamo di far emergere il nostro lato «nerd» o «geek», non rischiamo lo stigma sociale come in passato.

Da un lato c’è questa predisposizione, dall’altro c’è la ricerca di un’alternativa al gioco online, al videogioco. Quale migliore scusa per ritrovarsi attorno a un tavolo che una bella partita?

È il recupero dell’interazione sociale nel mondo post-multiplayer.

Il gioco da tavolo è un divertimento tutto sommato di basso costo (i giochi vanno da poche decine di euro fino a sfiorare il centinaio per quelli molto complessi e ricchi di materiali), con una gamma ricchissima di scenari, difficoltà e ambientazioni. In un certo senso mi ricordano il mondo dei manga di cui ho già parlato in varie occasioni: ciascuno può trovare il prodotto che più gli si addice.

Oltre al basso costo, i moderni eurogame offrono spesso un alto tasso di rigiocabilità, cioè - a differenza di tanti videogiochi e delle serie TV - se ne può fruire ripetutamente senza che vengano a noia.

Queste, quanto meno, sono le mie opinioni. Mi piacerebbe sapere che ne pensa chi, fra i miei lettori, gioca abitualmente o ha giocato. Potrebbe nascerne un bel dibattito.

P.S. Il titolo di questo post deriva da una citazione di Jorge Luis Borges tratta dalla raccolta Finzioni (Ficciones) del 1944:

«(...) i tratti essenziali di ogni gioco: la simmetria, le leggi arbitrarie, il tedio.»

In originale:

«(...) los rasgos esenciales de todo juego: la simetría, las leyes arbitrarias, el tedio.»

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