Il traduttore è morto

Il traduttore è morto

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Rielaborazione della relazione tenuta al convegno “Il traduttore visibile”, 27/09/2022.


Qual è il futuro che attende gli attuali laureati in Traduzione e quale ruolo possono ricoprire all’interno delle agenzie (o aziende o società, chiamale come ti pare) di traduzione? Ma soprattutto, qual è l’atteggiamento da tenere in questo panorama tumultuoso?

Un panorama tumultuoso e affascinante al tempo stesso.

Alcuni fattori esterni stanno minacciando pesantemente la professione e obbligano i professionisti a scegliere “di che morte morire”.

Sì, perché…

IL TRADUTTORE È MORTO.

È morto un certo tipo di traduttore, l’artigiano concentrato soltanto sulle questioni linguistiche, quello che “cesella” la lingua, che trascorre il suo tempo a “intarsiare” le parole, quello legato a un’attività prettamente e prevalentemente manuale, succube di un processo tutto sommato obsoleto, il cosiddetto processo TEP (Translation – Editing – Proofreading).

E purtroppo questo traduttore – chiamiamolo “romantico” – è ancora quello con cui s’identificano tanti studenti e neolaureati. Non a caso una delle frasi ricorrenti nelle candidature spontanee che ricevo come titolare di un'agenzia a ritmi di 1-2 al giorno è “le lingue sono la mia passione”, a volte anche “fin da piccola” o anche “amo l’inglese” (che poi un giorno vorrei capire meglio come si estrinseca questo amore nei confronti delle lingue...)

Sul mercato non c’è più posto per questo tipo di traduttore.

Un traduttore molto più vicino alla figura del traduttore letterario, o quanto meno editoriale.

Se vuoi diventare traduttore editoriale devi sapere che in Italia e altri paesi simili, come la Spagna, vendere 1000 copie di un libro è già un buon risultato. 1000 copie su 60 milioni di abitanti. Capisci da solo che l’editoria è un vicolo cieco.

Ma anche senza analizzare i dati, quanti traduttori letterari conosci che vivono bene solo di traduzione? Tolta quella dozzina, cinquantina, centinaio? di nomi noti, legati ad autori di vertice, il resto spesso (per non dire sempre) è costretto ad affiancare alla traduzione di libri altre attività.

Lasciamo da parte la traduzione letteraria, che non è affatto il mio campo, e restiamo nel settore della traduzione tecnica, quella con cui mi confronto quotidianamente da quasi 20 anni.

Anche qui la situazione è simile: un mercato pieno di giovani di belle speranze che non sanno come muoversi. Ci arrivano CV di persone che si candidano per sottotitolare video perché sono “grandi appassionati di serie TV”.

E qui abbiamo un altro, grosso problema.

Le aziende non sanno che la traduzione è un’attività prevalentemente manuale e quindi costosa. Di fronte a preventivi di una certa entità, mi sento spesso rispondere “così tanto?” o “ma non è tutto automatico?”

Prima affidavano i lavori al “cugino che ha studiato inglese 3 settimane a Dublino”.

Adesso nemmeno più a costui.

Il cugino è stato sostituito dai motori di traduzione automatica. Con risultati migliori, va detto.

È un bene? È un male? Non è questa la sede per aprire questo dibattito, ma è senz’altro un fattore di cui i futuri professionisti del settore dovrebbero tener conto.

La tecnologia non è che un’arma in più nell’arsenale del traduttore. Bisogna usarla coscienziosamente e sfruttarla a proprio vantaggio. Infilare la testa sotto terra e schierarsi a priori contro la traduzione automatica, così come contro qualsiasi altra innovazione, è il peggior atteggiamento che si possa tenere. Se sei fra questi, inizia a pensare che cosa scrivere sulla lapide, perché sei già morto.

So che a questo punto ti starai chiedendo perché sono stato invitato. Sto dando soltanto brutte notizie.

Purtroppo non sono finite.

Da qualche anno l’Associazione Italiana Traduttori e Interpreti, all’interno delle tante meritevoli iniziative, raccoglie anche l’opinione dei soci che poi rende nota al pubblico.

Nel 2018 AITI ha pubblicato la sua ultima Indagine sul mercato dei Traduttori e degli Interpreti, che ti invito caldamente a leggere (così come ti invito a leggere TUTTI i sondaggi e le indagini sul settore che spesso pubblicano le società di consulenza e le associazioni di categoria nazionali e internazionali).

Ho scelto un solo dato, il fatturato medio al netto dell’IVA.

Siamo passati da 26 mila euro del 2015 a quasi 30 mila nel 2017. Quindi c’è – quanto meno – una progressione ascendente.

La fascia più numerosa (puoi leggerlo direttamente nel PDF sul sito di AITI) è quella che fattura fra i 20 e i 25 mila euro (13.4%), ma la seconda più numerosa fattura meno di 5000 euro (13.2%). Solo l’1,3% ha superato i 100 mila euro, e solo il 10% ha incassato fra 50 e 100 mila euro.

Nel 2021 il salario lordo annuale medio di un lavoratore dipendente a tempo pieno (media dei vari contratti nazionali) era di 27.404 euro, quando il valore per l’Eurozona è di 37.382 euro (dati Eurostat).

Riformulo, perché magari non è chiaro:

  • su 100 traduttori, 13 fatturano poco più di 400 euro al mese
  • altri 13, sui 1.800 al mese
  • solo 1 fattura 8.300 euro al mese o più

Chi è questo qua?

Non lo so. O meglio, una mezza idea me lo sono fatta, poi vedremo.

Il tuo obiettivo è diventare quell’uno.

Perché il traduttore è morto, sì, ma lunga vita al traduttore…

Quello che capisce l’importanza del networking, dei contatti, del servizio al cliente, quello che è ben consapevole di essere un fornitore di servizi, come tanti altri fornitori di servizi.

Certo, la lingua è importante, è il veicolo del pensiero, ma per un’azienda la traduzione è solo un anello di una lunga catena di produzione.

Ad esempio, per chi ha un e-commerce di successo, la traduzione è importante, ma forse lo è di più il fornitore di scatole di cartone con cui spedire la merce. Se un cliente di Zalando trova un errore di ortografia nella descrizione di un abito potrà farci caso o no (io propendo per questa seconda ipotesi), ma se l’abito gli arriva a casa rovinato perché il pacco non ha resistito il trasporto, di sicuro inoltrerà un reclamo.

Un fornitore di traduzione consapevole sa qual è il suo ruolo, quali sono gli obiettivi del suo cliente, non pensa di essere al centro del mondo solo perché “ama le lingue”.

E soprattutto, il traduttore di domani, anzi, di oggi, mette la conoscenza della tecnologia allo stesso livello delle conoscenze linguistiche.

La tecnologia intesa come competenze informatiche avanzate, ormai fondamentali. Non solo Office, elaboratore di testo, foglio di calcolo, non solo i CAT tool, gli strumenti di traduzione assistita con cui bisogna avere familiarità e di cui bisogna conoscere TUTTE le funzioni per sfruttarli al meglio. Questa è la base. Il traduttore di successo va un passo più in là.

CAT tool è inoltre una definizione un po’ limitante. I sistemi di traduzione odierni sono composti da vari moduli, e il traduttore professionista e professionale sa usarli tutti.

Schema di un CAT tool

Quindi, in sostanza, per affermarsi sul mercato è necessario costruirsi un nuovo profilo:

  • traduttore consapevole delle esigenze del mercato dei suoi clienti
  • traduttore capace di instaurare collaborazioni di successo con clienti, colleghi e fornitori
  • traduttore capace di lavorare sul proprio brand
  • traduttore a proprio agio con la tecnologia
  • traduttore sempre aggiornato, perché il mercato e la tecnologia evolvono costantemente

Fasi di un progetto di traduzione

Il traduttore s’inserisce all’interno di un flusso di lavoro ben definito, rappresentato dal “fiore” in figura. Il flusso di lavoro della traduzione è composto infatti da varie fasi:

  1. sempre più spesso c’è una fase di pretraduzione con la traduzione automatica
  2. poi la fase di traduzione vera e propria, che può essere post-editing se si lavora sull’output della traduzione automatica
  3. quindi la revisione del testo bilingue
  4. una fase di verifica della qualità
  5. e la revisione finale, se il testo tradotto è pubblicato (come sito web o pubblicazione cartacea)

Tuttavia, come dicevo all’inizio, questo processo in alcuni casi è diventato obsoleto. Soprattutto nel caso di siti web e applicativi software, non esiste più il “prodotto finito”.

La traduzione non è una fase successiva alla produzione, ma avviene in contemporanea con la fase di sviluppo, per cui spesso non c’è modo (né tempo) di eseguire una revisione del testo bilingue, né una revisione finale, semplicemente perché avviene tutto allo stesso tempo. Il traduttore ha quindi sempre più l’obbligo di fare bene le cose al primo colpo.

Dove si colloca il flusso della traduzione all’interno di un’agenzia di traduzioni?

Nel secondo “fiore” ho esemplificato i vari momenti in cui si può suddividere un progetto di traduzione.

Fra l’altro, tutti i programmi di gestione “verticali” per il nostro settore, cioè quelli specifici per i progetti di traduzione, hanno di solito un modulo per ognuno dei “petali” qui indicati, quindi il diagramma è anche una sintesi delle funzioni dei programmi di gestione delle traduzioni, i cosiddetti TMS.

Quest’altro schema invece rappresenta un progetto tipico con le attività separate per profilo.

Flusso di lavoro di un progetto di traduzione

Mi interessa qui per illustrare quali figure operano solitamente in un’agenzia di traduzione.

Naturalmente non tutte le agenzie hanno tutti i profili. In quelle più piccole, una stessa persona ricopre vari ruoli.

La buona notizia è che una laurea in traduzione o in linguistica, e più in generale un’ottima conoscenza di 2 o più lingue, può aprire molte porte.

Profili afferenti alle lingue

Le più ovvie sono quelle del primo gruppo in alto a sinistra, che rappresentano i profili che troviamo di solito nelle aziende del settore dei servizi linguistici. I riquadri con il bordo rosso contengono i profili lavorativi che si possono trovare in un’agenzia.

Sono tutti titoli autoesplicativi, penso, giusto una parola su

  • Language Lead, che è una sorta di coordinatore delle squadre di traduttori di una certa lingua
  • Vendor Manager, che s’incarica di selezionare i traduttori o altri fornitori di servizi linguistici per ogni progetto

Nel secondo riquadro invece ho inserito i profili più comuni che intraprendono una carriera freelance. Molto in auge in questo periodo è il profilo dello UX writer.

UX writing è la scrittura dei testi che appaiono nell’interfaccia di un software o prodotto digitale. Il suo scopo è permettere la comunicazione tra il sistema e l’utente, facendo in modo che questi sappia cosa fare in ogni momento dell’interazione e tragga il massimo profitto dall’utilizzo del sistema. Trovate un lungo articolo sul sito di Qabiria che spiega i dettagli e le differenze fra copywriting e UX writing.

Altri profili legati alla crescente necessità di contenuti per i social media sono il Community manager e il Social media manager, figure che a volte si sovrappongono e che hanno punti di contatto anche con il Content writer, in quanto spesso chi cura i social di un’azienda deve incaricarsi anche della redazione in prima persona (cioè non coordina soltanto).

Il riquadro successivo è quello forse più interessante e raccoglie i profili più tecnici. In tutta onestà, nella mia esperienza è abbastanza poco frequente che le aziende attingano dai laureati in Traduzione per coprire questi posti, ma qualche volta succede. Dato che si tratta di mansioni tecniche, più spesso si cercano laureati in materie scientifiche (ingegneri informatici) con competenze linguistiche piuttosto che viceversa. Ciò non toglie che con gli adeguati percorsi di studi complementari si possa diventare papabili. Fra questi, il Beta Tester è quello che richiede minori competenze tecniche (a volte nessuna) e quindi più abbordabile.

Spostandoci sempre più dal focus linguistico, il ventaglio di possibilità si apre sempre più.

Facciamo ora un passo indietro.

Perché dicevo che la tecnologia è sempre più importante? Intanto, non lo dico io, ma il mercato.

Nimdzi, una società di consulenza specializzata nel settore dei servizi linguistici, ogni anno pubblica un atlante della tecnologia legata alle lingue. Questo elenco, fruibile gratuitamente all’indirizzo indicato, comprende oltre 800 soluzioni.

Programmi di gestione, software di traduzione assistita, traduttori automatici, strumenti per la traduzione audiovisiva, strumenti per il controllo qualità, e molto altro ancora.

Come dicevo, la tecnologia avanza ogni anno, ogni mese. Il nostro dovere come fornitori di servizi è quello di avvalerci ogni volta degli strumenti più adeguati allo scopo, attenzione! Allo scopo del nostro cliente, che non necessariamente coincide con il nostro.

Quindi, in ordine, dovremmo:

  • sapere che un certo programma esiste, e per saperlo dobbiamo tenerci aggiornati, consultare fonti affidabili, leggere le riviste di settore, i blog più importanti, ecc.
  • saper usare gli strumenti che ci interessano, provarli, testarli, capire come funzionano

e – una volta identificato lo strumento che aggiunge valore al nostro lavoro

  • imparare a usarlo nel migliore dei modi.

Come aneddoto, racconto sempre che ci fu un momento di svolta nella mia carriera: quando lessi il manuale di Microsoft Word 2.0 ai tempi della tesi di laurea. Un amico mi regalò le fotocopie (illegali) del manuale dopo aver consegnato la sua di tesi. Io me le lessi quasi integralmente e quello mi diede (e continua a darmi) un vantaggio competitivo rispetto a tanti altri colleghi che usano Word al 10% delle sue possibilità.

Con questo cosa voglio dire? Che le opportunità di formazione sono sempre dietro all’angolo, bisogna coglierle. Dove? Questi sono solo alcuni esempi.

Con i MOOC, oggigiorno è possibile frequentare come uditori i corsi delle migliori università del mondo. Un’opportunità che ancora troppo pochi professionisti sfruttano.

Nel 2023, e lo sarà sempre di più in futuro, il traduttore deve aumentare le proprie competenze e abilità, perché l’asticella si sta spostando sempre più in alto.

Tornando a quel traduttore su 100 che fattura oltre 100.000 euro, come ci riesce?

Intanto, perché è specializzato in una combinazione di lingue poco comune (e qui c’è poco da fare, se traduci da inglese a italiano, la concorrenza è agguerrita e farai fatica), perché è specializzato in un settore o una nicchia più redditizia di quelle abituali.

Poi ha capito che il suo lavoro è solo parzialmente legato alle lingue. Altrettanto (se non più) importante è porsi come fornitore di servizi, applicare le buone pratiche del customer care, aver cura dei clienti, posizionarsi e vendere i servizi in modo mirato a chi ne ha bisogno senza sparare nel mucchio. Da traduttore è diventato consulente linguistico, una persona che sull'argomento da tradurre sa tanto quanto il cliente (o ne sa addirittura di più).

E come è arrivato a queste conclusioni?

Non ci sono ricette facili o veloci.

Studiando, formandosi, imparando, mostrando umiltà, ma anche ambizione e determinazione.

Mi auguro di cuore che, nonostante io abbia fatto di tutto per farti cambiare idea, tu riesca a far parte di quell’1%.

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