Passioni ardenti e muri assorbenti

Passioni ardenti e muri assorbenti

Un futuro da Keith Haring stroncato sul nascere

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Memorie di un'epoca in cui indossavo adidas con la linguetta sollevata.

Premessa doverosa: questo blog post, così come alcuni dei precedenti, ha due scopi ben precisi. Da un lato vorrebbe documentare un periodo della mia vita di cui non ho lasciato tracce altrove (e quindi, al tempo stesso, servire da memoria storica per altri che hanno vissuto esperienze simili, vuoi per vicinanza cronologica, vuoi per prossimità geografica); dall’altro, mi serve come aiuto pseudoterapeutico nei momenti di inutile introspezione in cui mi domando «ma tu, esattamente, che cos’hai combinato in tutti questi anni?». Articoli come questo mi aiutano a convincermi che effettivamente negli anni qualcosa, benché di poco conto, sono riuscito a portarla a termine...

Lo spunto per il post di oggi nasce da una delle mie ultime visite a Brescia a casa dei miei genitori, quando, scartabellando in un cassetto ho rinvenuto un faldone contenente centinaia di bozzetti di... graffiti.

Ebbene sì, fra i numerosi scheletri che ho nell’armadio c’è anche una fase hip hop post-adolescenziale, durante la quale - come mio solito - non riuscii a limitarmi ad ascoltare dischi di musica rap, andare a qualche concerto, indossare capi e calzature di dubbio gusto e scarabocchiare scritte colorate, ma volli anche partecipare attivamente alla «scena», o meglio incentivarne l’espansione.

Sembra un’affermazione presuntuosa, ma ecco la cronaca degli eventi. Poi ciascuno giudichi a modo suo.

Passione per la musica rap

Siamo circa nel 1989-90, fra gli ultimi anni di liceo e i primi di università. Complici qualche amico e la lettura assidua di Rockstar, mi ero appassionato alla musica rap, un genere che non era proprio una novità, ma stava anzi attraversando la sua Golden Age, gli anni d’oro, quelli che vanno dalla seconda metà degli anni ottanta alla prima metà dei novanta. Fra il 1988 e il 1992, uscirono vere perle, quali Straight Outta Compton dei NWA, 3 Feet High and Rising dei De La Soul (di cui parlo anche nell’articolo «Vendere prodotti digitali nel 2018»), Done by the Forces of Nature dei Jungle Brothers, Fear of a Black Planet e Apocalypse 91... The Enemy Strikes Back dei Public Enemy o 3 Years, 5 Months and 2 Days in the Life Of... degli Arrested Development, giusto per citare solo qualche titolo.

Come spesso accade, condividevo questa «fissa» con un amico, che citerò qui - nel rispetto della privacy - con il suo nome d’arte: DJ Hakeem. Hakeem era un appassionato vero, non un quaquaraquà come me. Spendeva un capitale in vinili e CD, si documentava leggendo libri sull’argomento e metteva in pratica quanto imparava e ascoltava creando brani propri con un Amiga e un campionatore.

Oltre a trascorrere i pomeriggi giocando con Commodore 64, Sinclair ZX Spectrum e Commodore Amiga o sudando sui campetti da basket dei dintorni, spesso finivamo davanti ai piatti Technics 1210 di Hakeem (quelli neri, da lui comprati dopo un’intera estate come cameriere in pizzeria) ad ascoltare le ultime novità.

Per quanto possa sembrare preistoria a chi è abituato ai servizi di streaming come Spotify, nel 1989 mancavano ancora 10 (dieci!) anni prima dell’avvento di Napster e dei lettori di mp3... quindi non rimaneva che ascoltare la radio, leggere riviste specializzate (magari quelle americane o britanniche d’importazione) e affidarsi ai negozianti di fiducia per essere al corrente di quanto succedeva nella nicchia musicale che t’interessava.

«È il nostro momento»

Un giorno, stanchi di ritrovarci sempre e soltanto noi soliti quattro gatti, pensammo a un modo di fare proselitismo, o quanto meno di stanare gli altri appassionati di cui non si vedeva l’ombra in città.

Decidemmo così di preparare un volantino con cui, in sostanza, invitavamo altri a unirsi a noi e a creare anche a Brescia un «movimento hip hop». Non ricordo esattamente l’anno, ma il riferimento agli «studenti universitari» dovrebbe collocare questa balzana iniziativa attorno al 1991-92.

Volantino È il nostro momento

Da un punto di vista grafico il volantino è un perfetto esempio d’impaginazione manuale casereccia mescolata alle magie dei primordi dell’home computing:

  • il disegno del rapper lo fece Hakeem ricalcando con la carta lucida una foto sul retro della copertina dell’LP Notorious di Donald-D e poi ombreggiandolo con i rapidi;
  • il titolo lo composi io usando fogli con dei campioni di caratteri tipografici allegati a un corso di grafica creativa acquistato a fascicoli in edicola (bellissima opera, fra l’altro, di cui parlerò in un’altra occasione);
  • il corpo del testo invece, se non ricordo male, lo stampammo con l’Amiga di un amico (ciao Edo!) o addirittura con la stampante ad aghi del mio Commodore 64...
  • le firme, anzi i «tag», le aggiungemmo a mano (e sì, il mio nick era «Vorce», altra lunga storia...)

Retro della copertina di Notorious di Donald-D

Incollammo i vari elementi a mo’ di collage su un A4 e... via! Pronto da fotocopiare rigorosamente a scrocco nell’ufficio del padre di Hakeem.

Andammo a distribuire il volantino alla Festa di Radio Onda d’Urto, l’evento annuale che dal 1992 colora le serate estive della città di Brescia con musica, proiezioni e iniziative culturali «alternative» di vario genere, quasi sempre dallo spiccato carattere antagonista e rivendicativo.

Pur con qualche perplessità da parte di chi ci incrociava e un certo imbarazzo da parte nostra, il volantinaggio diede i suoi frutti.

In quell’occasione conoscemmo Kid, un breakdancer, e Leo, uno street artist. Ci invitarono a uno dei loro incontri, in zona Brescia 2, dove conoscemmo altri breaker e b-boy.

Da un volantino a un demo tape e molto oltre: la carriera di Hakeem

Qualche tempo dopo, in circostanze che non sono riuscito a ricostruire, Hakeem conobbe DJ Zeta di Verona, il quale gli presentò un rapper che allora muoveva i suoi primi passi, ma che è poi diventato un’istituzione della scena hip hop italiana underground: Bassi Maestro.

In seguito a questi contatti Hakeem incise il suo primo demo tape nel 1992, Criminale e iniziò a collaborare con Bassi. Nel 1997 firmò una traccia di uno dei primi EP prodotti dalla Sano Business, il gruppo di artisti che gravitava attorno a Bassi Maestro, intitolato The Micragnous EP, di cui conservo ancora gelosamente una copia.

Soprendentemente (o forse no, vista la passione vera sempre espressa dai due), Hakeem e Bassi Maestro hanno collaborato in molte altre occasioni e sono ancora in attività dopo quasi 30 anni di carriera.

Uno degli ultimi progetti di Hakeem è un CD di Resho, da qualcuno definito rapper-filosofo, Polis EP, di cui ha curato le basi strumentali. I brani sono in download gratuito e si possono anche ascoltare qui:

Prove (non superate) di aerosol art

In tutto questo... torniamo ai graffiti, anzi ai pezzi di street art, poiché il termine «graffito» è sempre stato considerato dispregiativo da chi crea quel genere di arte.

Hakeem, oltre ad essere dotato di un orecchio particolarmente fino, aveva anche una discreta propensione per il disegno. Poiché il mondo hip hop è costituito da musica (rap), ballo (breakdance) e arte visiva (graffiti), e visto e considerato che a livello di breakdance io e lui eravamo piuttosto negati, non ci rimaneva che sperimentare con l’aerosol art... Dal canto mio, nutrivo una certa passione per la grafica, per cui fui felicissimo di esplorare nuovi orizzonti.

Comprammo così un paio di libri, fra cui il mitico Spraycan Art e facemmo almeno un paio di raid esplorativi a Milano per fotografare pezzi che ci sembravano particolarmente ben riusciti. In qualche cassetto devo avere ancora quelle fotografie...

Copertina del libro Spraycan Art

Iniziammo a scarabocchiare un po’ di scritte, fino a convincerci che potevamo compiere il passo dalla carta al... muro.

Nota: appena avrò l’occasione caricherò qui scansioni più significative con una risoluzione decente. Per ora aggiungo alcune foto di bassa qualità, quelle che ho al momento sottomano.

Here We Are di Hakeem e Vorce

Fra i vari bozzetti, scegliemmo di inaugurare la nostra carriera con quello illustrato qui sotto, «Here We Are» (in italiano, «Eccoci»), che doveva essere il primo di una lunga serie...

Here We Are di Hakeem e Vorce

Ci dotammo di bombolette, modificammo gli ugelli con gli aghi, come ci avevano spiegato altri writer, per poter spruzzare in modo più preciso.

Una sera d’autunno, dopo aver adocchiato il muro giusto nei pressi di un edificio abbandonato, in sella al Sì nero di Hakeem - quando ancora si poteva andare in due senza casco - andammo a inaugurare la nostra prima opera d’arte.

Prima sventagliata. Risultato: il nulla. Per nostra sorpresa la vernice spray non copriva in alcun modo la superficie porosa e umidiccia del muro, che sembrava fatto di carta assorbente. Dopo qualche impacciato tentativo desistemmo, non senza un attimo di panico provocato dall’avvistamento, in lontananza, di un’auto della polizia, sicuramente avvisata da qualche vicino dall’altissimo senso civico.

Ci nascondemmo così dietro un cespuglio e - dileguatasi la minaccia insieme alla vernice sul (o meglio, dentro il) muro - ritornammo mestamente a casa.

Le immancabili occasioni di sfruttamento commerciale

Va detto che - nella nostra cerchia di amici - erano in molti ad assecondarci e persino a nutrire una certa invidia nei nostri confronti, non certo per il modo in cui andavamo vestiti, ma per queste incursioni artistiche. Come quelli che ci fecero i complimenti quando, in coda al PalaTrussardi di Milano per il concerto di MC Hammer (1991, biglietti regalatici da qualcuno, unica concessione al rap spazzatura), buttammo giù con la Bic un banalissimo 3D.

Bozzetto Rick

Se le cose stavano così, non potevamo non sfruttare l’occasione di business.

Al liceo, per un certo periodo, diventai distributore di ciondoli in legno a forma di Africa tagliati con l’archetto da traforo e verniciati a mano, come quelli che vedevamo nelle foto di Afrika Bambaata e di altri rapper.

Afrika Bambaata

Ci fu anche qualcuno che mi chiese un’opera su commissione, un enorme poster, prontamente realizzato. Decorai anche qualche maglietta e vari skateboard...

Hakeem divenne uno dei DJ fissi dei Cervoparty, le feste che organizzavo, prima a casa in occasione del mio compleanno, poi in locali affittati. E da lì, cominciò a fare serate in luoghi ben più redditizi.

Invito a uno dei primi cervoparty

Lezioni apprese

Dopo così tanti anni sarebbe facile etichettare quell’epoca come la tipica fase di ribellione adolescenziale o di ricerca di identità attraverso l’appartenenza a un gruppo. Senz’altro fu questo, ma divenne anche una bellissima occasione di stabilire dei vincoli di amicizia che rimangono tutt’ora, oltre che un modo divertente di imparare nuove cose.

Restando in ambito musicale, con l’hip hop scoprii l’universo molto più vasto della musica nera e delle sue origini. Passare da LL Cool J a Prince, a Isaac Hayes, a Sly & the Family Stone era (ed è) solo questione di un sample.

Dal punto di vista delle arti grafiche, studiare il lettering fu per me seminale per comprendere meglio le regole della composizione, l’equilibrio delle forme, l’uso del colore, tutti concetti che avrei poi approfondito e applicato nei lavori di grafica editoriale e web.

L’hip hop fu anche la chiave per conoscere altre culture, per approfondire la conoscenza della lotta per i diritti civili degli afroamericani. Ricordo benissimo i libri di Malcolm X e di Martin Luther King sulla scrivania di Hakeem. E voglio riportare qui proprio un suo commento, tratto da uno scambio di mail di qualche giorno fa (buona parte dei precisi riferimenti che compaiono nell’articolo sono merito suo):

Sarò sempre grato alla cultura hip hop: mi ha donato un mondo parallelo nel quale esprimermi sentendomi a mio agio, mi ha insegnato l’inglese, la competizione leale, l’amore per le culture differenti e mi ha stimolato interessi tra i più disparati. Oggi l’hanno talmente stuprata e mercificata che fatico a riconoscerla e, nonostante a quasi 47 anni dovrei fregarmene, mi dispiace tantissimo...

Chiudo con un altro contributo suggeritomi da Hakeem, il brano I Used to Love H.E.R. di Common, un inno che racconta il declino dell’hip hop iniziato proprio in quegli anni (il brano è del 1994).

Peace.

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