Caldaia

Caldaia

Short story

racconti

Short story dated 1997.

Sai come quando cerchi di prendere una biglia da sotto il comò e invece la cacci sempre più in fondo? Ecco, uguale, uguale uguale mi sentivo io quando è venuta la signorina del piano di sotto, la Ravizzi, a lamentarsi perché le pioveva in testa. Dal mio appartamento, ovvio. Insomma, lei suona e io rispondo e me la trovo davanti in tuta, cioè desabbigliè o come si dice e si sa che io un po’ ci avevo sempre provato con la Ravizzi che sono cinque anni che abito in questo condominio e quando ci incrociavamo in ascensore le tiravo certi sorrisini e quindi a vederla così, in tenuta da casa, cioè mi ha fatto salire un brivido. Così, senza che lei apra bocca le chiedo ma si vuole accomodare un momento? Le faccio un caffè. Ma lei, beh veramente ero venuta solo per dirle che mi goccia in casa. Ma no, venga, insisto, si vive uno sotto l’altro e non ci si frequenta mai, non è un peccato? Beh insomma, comunque se insiste, un caffè, ma giusto un momento che poi devo uscire a far la spesa che poi mi chiudono. Prego prego si accomodi, stia attenta all’acqua che ho la caldaia che perde. Ecco appunto sono qui proprio per questo… Eh lo so, sto aspettando l’idraulico e speriamo che me la aggiusta che è già la terza volta quella cazzo di caldaia, con tutto il rispetto. Prego, quando ci vuole. Sto vedendo che mi è rimasto solo il nescafè, le va bene lo stesso? Beh, sì, cioè no, mi dia un goccio d’acqua, che con il caffè poi mi rende nervosa. Sì, sì, anche quella della fontana va bene, è per farle compagnia. No, le dicevo, non si preoccupi comunque per i danni, sono assicurato, le ripago tutto. Si è rovinato molte cose? Ma no, cioè qualcosa, il copriletto di ciniglia che è da buttare e quattro o cinque peluche che tenevo sui cuscini. Oh mi spiace. Ma no, sa cos’è, che ci ero affezionata, mica per altro, erano dei regali. Ma lo sa che anche io ne uno? Un peluche? No, no, il copriletto di ciniglia. Ah, mi pareva. Il suo di che colore è, cioè era? Ma no, di quelli lì di della rinascente, mica costava tanto, comunque era azzurrino. Ma va? Come il mio. Senta, se vuole per intanto le do il mio. Mi sa che lo abbiamo comprato tutti e due uguale. Guarda te che coincidenza: fino a ieri non ci conoscevamo quasi e adesso scopriamo di avere persino lo stesso copriletto! Venga, venga di là un momentino che glielo faccio vedere. Eh? No, lasci perdere, me ne comprerà un altro uguale. Ma no, si figuri, se è proprio uguale, tanto vale che prenda questo. Col freddo che fa, mica vorrà stare senza coperta? Guardi, senza offendersi, che è nuovo, l’avrò messo su sì e no due settimane fa. Eh già, quando c’era l’offerta alla rinascente. Eh sì, ora che ci penso l’ho preso lì anch’io. Beh, bello è bello. Poi è comodo, vero? Sì. Guardi ora devo proprio andare. Ma no, ma no, un momento. Su, non insista, mi chiude gli alimentari. Va bene, allora un secondo solo che glielo metto in un sacchetto. Ma guardi, gliel’ho già detto, non si disturbi. Al limite me lo lascia in portineria, se proprio vuole. Davvero, devo andare. Aspetti, si fa in un attimo. Io ho le lenzuola clicclac, è un momento disfare il letto. Oh scusi, questo no, è il pigiama. E la rivista, beh… sa com’è quando si è soli… Senta, ma posso darle del tu? È che da un sacco di tempo volevo dirti una cosa. Guardi, non mi sembra il caso. Ma sì che lo è! Dai, siediti, siediti qua sul bordo del letto. È comodo, sai? È un materasso ad acqua. Guardi, devo proprio scappare; arrivederci. No, no, no. Qui! Cosa fa, non mi metta la mani addosso! Sì, scusa, scusa, volevo solo dirti che io mi sono innamorato, ma per davvero. Per favore, come si permette? Ma dai, fammi solo una carezza, nient’altro, una carezza, io sono solo. Quando ti vedevo per le scale correvo a casa e pensavo a te e ci ripensavo e ancora e mi facevo proprio qui come ora, sul letto, sul materasso ad acqua che l’ho comprato apposta per noi due. E stavo male se non ti rivedevo al giorno dopo e. Ma che dice! È impazzito? Mi lasci andare o mi metto a urlare, lei è malato, mi lasci! No, no, non ti lascio, ora che sei qua e nel letto, con me, non ti lascio urlare, zitta. Mi… lasci… Zitta ora, ho detto zitta, ecco così, buona buona, lasciami fare, non ti muovere. Non ti muovi. Io faccio. E faccio. E faccio. E finisco. Ti lascio sul lettone con gli occhi rivoltati all’indietro. Ho il fiatone. Mentre a te non ti sento nemmeno.

Mi sa che ormai l’idraulico non viene più. La caldaia mi tocca aggiustarla da solo. Prima l’aggiusto, poi vado dai carabinieri a dirgli che la Rizzini non respira più. Che peccato. Con quello che mi piaceva.

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